Era prestissimo quella mattina e già io e Victor, l’autista, eravamo in viaggio. Si doveva andare in un villaggio nei pressi di Afagnan_Bletà per verificare se e dove fosse possibile scavare un pozzo. Quando siamo partiti, la nebbia si adagiava ancora molto fitta sulla savana e non fosse stato per il caldo afoso che rendeva l’aria pesante e per le palme e i baobab che spuntavano qua e la velati dalla nebbia, sarebbe potuto essere un paesaggio padano.
Sulla pista, molto stretta e sconnessa, che da Kouvè va ad Afagnan, s’incontravano ogni tanto dei contadini e alcune donne che si recavano al lavoro nei campi, e siccome il luogo dove dovevano andare era molto distante da casa si erano incamminati di buonora per arrivare sul posto prima che facesse troppo caldo per lavorare.
Ad Afagnan dovevamo prelevare Casimir il rabdomante, il parroco del villaggio e un architetto che nello stesso villaggio stava costruendo una chiesa.
Si costituiva così la compagnia della ricerca dell’acqua, cioè:
Un rabdomante, un prete, un architetto e un pensionato (io) volontario di Solidarietà Internazionale.
Non lo sapevo ancora ma, stavo per vivere una delle esperienze più straordinarie che mi siano mai capitate.
Così partiamo a bordo di un pick-up Toyota vecchio almeno quanto il proprietario. Una cosa che ho imparato è che in Africa, quando ci si mette in viaggio, non si può dire arriverò tra un’ora o tra mezza giornata, perché il viaggio può durare un tempo più o meno lungo, dipende da una serie di variabili che possono subentrare durante il tragitto. Può capitare di incontrare qualcuno in difficoltà e ci si ferma per aiutarlo, oppure la strada diventa improvvisamente impraticabile, la vettura s’impantana e bisogna scendere e cercare aiuto per portare la macchia all’asciutto, o ancora la macchina si guasta, e appunto parlando di guasti alla macchina; ecco che la nostra Toyota si guasta. Siamo fermi in mezzo alla savana con una ruota forata e senza il martinetto per poterla sostituire. Io ho pensato che saremmo dovuti andare a piedi fino al villaggio e lì chissà come trovare un mezzo per tornare a casa, poi avremmo dovuto pensare a come recuperare il pick-up, e invece no. In Togo sulle piste che collegano anche i più piccoli villaggi persi nella savana, circola una quantità di persone incalcolabile, e così dopo poco tempo si trovavano intorno al fuoristrada almeno una ventina di uomini e donne che facevano una gran confusione cercando ognuno di dare un consiglio, un’idea, un aiuto per risolvere il guasto. Finche dopo circa mezzora arriva una moto taxi, si ferma, s’informa, riparte e dopo un’altra mezzora ritorna con il gommista e il martinetto e sostituisce la ruota. Si riparte.
Così si arriva al villaggio, in ritardo? No, non so, non avevamo nessun appuntamento, nessuno ci aspettava, o meglio ci aspettavano ma lì quando si aspetta, si aspetta e basta e quando arrivi ti prendono.
Lascia un commento